“In Groenlandia si pescava quando si aveva fame, si divideva tutto quello che c’era in eccesso con il resto del clan e si mettevano i talenti di ciascuno a disposizione della collettività. Se eri un buon cacciatore, cacciavi; se eri bravo a costruire le case, costruivi. Tra loro ritrovavo il senso delle cose: vedevo un popolo che rispondeva a bisogni specifici: Ho fame? Allora vado a caccia. Amo mia moglie? Certo, e allora devo nutrirla e renderla felice. Sei mio amico? Sì, quindi farò tutto per difenderti e darti il meglio che posso”
“Era questo che vedevo in loro: semplice e primitivo quanto si vuole, ma decisamente sensato. Trovavo questa logica molto più stringente di quella considerata normale dalle nostre parti, che prevedeva di lavorare come matti, magari solo per comprarsi un’automobile fiammeggiante. In questa semplicità mi sembrava di ritrovare la vita. Una semplicità che si manifestava a partire dal nome che questo popolo si era dato: INUIT, ovvero “gli uomini”. Non c’era alcun concetto di nazione o territorio, nè una storia di conquiste alle spalle: erano semplicemente “gli uomini”, inteso come esseri umani, maschio o femmina, capaci di ridere, di piangere e di amare.”
...un pò più a sud... KANGERLUSSUAQ
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